No. 10021 af 10318
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Filippo Gerardi [+]

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Rom

Antagelig mellem 1846 og 1848 [+]

Dateringsbegrundelse

Dateringen fremgår ikke af artiklen, men da den i Thorvaldsens Museums eksemplar optræder i et samlebind mellem to andre artikler fra tidsskriftet L’Album, hvor den ene er dateret 13.6.1846, og den anden omhandler museet før dets åbning 17.9.1848, må det antages, at nærværende artikel blev publiceret i tidsrummet herimellem.

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Resumé

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La melanconia. La vera e più profonda cagione della melanconia, è l’inerzia: il rimedio meglio efficace a vincerla, il lavoro, fosse anche lavoro di nessuna importanza. “Meglio è lavorare senza scopo, cbe non far nulla”: diceva Socrate. A sentenza universale dei dotti, ebbervi poche divinità, che al pari di Nemesi fossero con tanto zelo adorate nell’intera Grecia, e nell’Italia tutta quanta. Ella, secondo leggesi in Pausania, fu figliuola dell’ Oceano; a detto di Euripide,di Giove: ed a sentimento di Esidio nacque dalla Notte, senza aiuto d’altro dio. Il nome di questa dea, secondo opina Eichio, suona quanto, buona fortuna. Fornuto lo fa derivare dal greco nemeseo, mi sdegno, perchè al veder le colpe degli uomini forte sdegnavasi, ed anche da misos, come quella che veniva invocata a punire i nemici. L’autore del trattato del modo, attribuito ad Aristotile, la dice Nemesi, dal compartir che faceva tra gli uomini il bene ed il male, conformemente era il merito di ciascheduno. Platone, infine, l’appellò nel suo libro della republica, nunzia della giustizia,quasi volesse significare, ella altro non essere che la giustizia della provvidenza,la quale così ha in protezione i buoni, come castiga i malvagi. Ebbe Nemesi un magnifico tempio in Ranno, città dell’Attica, ove si ammirava una sua statua eccellentissima, e quivi da tutto il Peloponneso accorrevan le genti in folla ad adorarla.
Credemmo non inutile preporre questi pochi cenni intorno cosiffatta divinità alla descrizione che verremo facendo di un bassorilievo, in cui fu egregiamente rappresentata dal commendatore Thorwaldsen, e che qui offresi inciso in rame.
Diremo dunque, come il sapiente artefice nel rappresentar Nemesi nel nominato bassorilievo volle seguitare in tutto la dottrina di Aristotile di Platone. Scorgesi pertanto la giovine dea vestita alla foggia greca d’una semplice tunica senza maniche, e di un manto che le cade giù dalle spalle. Ella è posta sopra una biga di forma antica, da cui va governando gli aggiogati cavalli. Uno di questi, come tu vedi, muove con regolato passo, l’altro ricalcitrando s’impenna: quel primo vale a simboleggiar gli uomini che rettamente vivono; il secondo serve ad indicare coloro che tirati dalle passioni si gettano fuori del diritto cammino. L’artista scolpì un cane presso le zampe anteriori del cavallo obbediente al freno, a denotare, conforme scrisse Cicerone nel settimo degli offizi: che fedeltà è fondamento di giustizia. Egli per altro si guardò dal far sì che la dea si mostrasse adirata verso il destriero inobbediente, anzi gli piacque che il guardasse con viso benigno, atteggiato a compassione più che ad altro qualunque affetto, e colla sinistra dolcemente stringendo le redini, accennasse a quell’indocile col flagello che ha nella diritta, ma non si muovesse a percuoterlo. Ed in questo diede a divedere molto accorgimento; imperocché, siccome dice Platone nel terzo dialogo delle leggi: là non si trova giustizia, dove non è temperanza: e certo è supremo pregio dei legislatori, guardar piuttosto d’emendare i costumi colla dolcezza, che di punire le colpe colla severità delle pene.
Vengono dopo la biga due fanciulli di volto nè al tutto uguali, nè diversi al tutto, come per l’appunto suole avvenire di due fratelli. Uno di essi colla destra impugna una spada nuda appoggiandola alla rispondente spalla; l’altro tiene nelle mani parecchie corone, un caducèo, ed una cornucopia. Quel primo è simbolo della giustizia punitrice, e ben .lo addimostra la spada che tiene sguainata; il secondo significa la giustizia che premia, al che alludono le corone. Ed a queste furono ragionevolmente aggiunti il caducèo, per denotare con esso la concordia, ed il cornucopia, indizio di abbondanza : chè la giustizia è quella per cui le città si mantengono in concordia, e mercè di essa vengono in fiore, e mirabilmente abbondano d’ogni sorta di beni. Vuolsi anche notare, che il fanciullo, il quale reca in mano le corone, vedesi alato; ma non così l’altro: e fu questa una veramente filosofica immaginazione dell’egregio Thorwaldsen, per la quale venne a mostrare, che la giustizia, quante volte si tratti di premiare deve correre, anzi volare incontro ai meritevoli: ed all’opposto quando le sia forza punire, debbe andar guardinga ed a passo lento. Il nostro valente artista pose eziandio le ali alle spalle della dea, seguitando così i greci, i quali effigiarono Nemesi con grandi ali agli omeri, a far comprendere in tal guisa la inarrivabil prontezza della giustizia celeste nel correre l’universo, e trovarsi presente in ogni luogo ed a tutti. Ed appunto per ciò stimò bene di rappresentarla come se dentro il suo carro scorresse per l’ampie vie del cielo, e pose nell’indietro lo zodiaco ornato degli usati suoi segni, facendo che sull’alto, e giusto nel mezzo, apparisse il segno della libra, espresso da un genietto alato, che tiene nella mano diritta le bilance, e colla sinistra accenna la dea; il cui ufficio principalissimo è riposto in librare su giusta lance il bene ed ii male, le ricompense ed i castighi.
Nell’orlo superiore della biga tu leggerai, Nemesi: sull’orlo poi della ruota destra, che sola apparisce per intero, ad uguali distanze, stanno scritte le seguenti parole:Ventura. Ubertà. Sventura. Penuria; queste valgono a dimostrare, che siccome dal vivere rettamente suol derivare l’abbondanza d’ogni bene,così pel contrario la sregolata vita, tutta suol essere ripiena di disgrazie, e travagliata da continua povertà.
Il bassorilievo, di cui alla meglio parlammo, ha di altezza 95 centimetri, ed è largo un metro e 90 cent.i
A tutti è noto quanto egregio scultore sia il Thorwaldsen, e soprattutto con quanta sapienza immagini i suoi bassorilievi, per cui non bisognano parole soverchie a render certo ciascuno, che l’opera da noi descritta sia degnissima d’ammirazione e di lode somma. E certo quel maraviglioso ingegno pone tanto studio in siffatti lavori, e trasfonde in essi così gran copia di filosofia, che ognuno di essi, a chi lo guarda, non un marmo scolpito, ma sembra un libro pieno delle più riposte dottrine filosofiche.

Filippo Gerardi.

Generel kommentar

Dette er en trykt artikel, som blev udgivet antagelig 1846-48 i tidsskriftet L’Album, op. cit. Teksten handler om Thorvaldsens relief Nemesis med straffens og belønningens genier, oprindelig fra 1834, A364.

Teksten er skrevet af fra et eksemplar af artiklen i Thorvaldsens Museums bibliotek.

Arkivplacering
Thorvaldsens Museums bibliotek
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Andre referencer

  • Filippo Gerardi: ‘La melanconi’, in: L’Album uvist år, Roma, p. 283-285.
Personer
Bertel Thorvaldsen
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Sidst opdateret 07.07.2014 Print