Pregiatissimo mio Padrone, ed Amico Carissimo
Firenze li 30. 9bre 1823.
Sono alla fine un po’ consolato nel riccevere le di Lei desiderate notizie: Temevo bene d’esserne dimenticato; tanto più che nessuno affatto mi diedde sentore delle Opere affidate alla di Lei amicizia, e surveglianza: Esaminavo me stesso, se avessi mai mancato in qualche cosa, e non sapevo trovarmi colpevole. Basta! ora vorrei lusingarmi, che non aurò più ad essere cotanto inquieto; e ne aurò bisogno, giacchè fra giorni dourò partirmene nuovamente, dovendo trovarmi a Parigi dentro lo spirante anno; e colà starò ansioso aspettando le sue nuove per poi rivenire fra non molto, e trovare finita qualche mia Opera, che mi stà sommamente a cuore. Fui una buona parte dello scorso estate al Lago di Como per far terminare a mio modo i Lavori del gran Salone, che deve riccevere la subblime, unica, imortale di Lei Opera. Il naturale irreprincibile mio desiderio di collocarvela viene stimollata vieppiù dall’ avanzata mia età, e dall’ universale eccitamento de’ miei Italiani concitadini.
Le sono obbligatissimo di aver pensato per la mia parte di far sentire al degno, e bravo Signor Tenerani una qualche parziale ricognizione per la bella sua Opera della Psiche, che stà favorendomi. Scrivo subbito al Signor Duca Torlonia per confermargli il mio ordine di addebitarmene tanto dei cento Luigi presi pel sullodato Tenerani, quanto dei due mille Scudi, ch’Ella si compiacerà d’andar a prendere per la nostra Grand’ Opera.
Bisognerà poi anche, ch’Ella abbia la bontà di pensare all’altro degno di Lei alievo Signor Freund, poichè m’anoncia, che stà travagliando per me; onde La pregherò, a seconda delle intelligenze, fargli passare di mano in mano quelle Somme, che gli occorerano.
Sentirò volontieri, che il Signor Girometti principi a lavorare i due camei ordinatigli. Riccevo Lettera da Esso, che mi dice di non avere che una sol Pietra per la statua Freund; ma dieddi l’altra più grande quì a Firenze allo stesso Signor Tenerani perchè all’occasione gliela passasse onde fare in essa la sua Psiche.
Ricceverò volontieri la Lettera, che mi anoncia, del Signor Pistrini, e vedrò come vorà scusarsi di tanto suo ritardo di un’opera che tanto mi preme, e di cui aveva gia quasi finiti tre pezzi fino dell’epoca della mia partenza da Roma. Le confesso il vero, che se tale opera non fosse stata gia cotanto avanzata coi Pezzi passatimi, ci aurei rinonciato, e ci aurei rimediato a farla fare diversamente, ed anche in Pietre dure, o almeno in Cristallo di Monte, che hò abondante.
Mi congratulo di vero cuore dell’onorevole nuova commissione datagli pel interessante monumento di cui mi parla. È una fortuna di trovarsi in un Secolo, in cui avvi un Torvaldsen. Io lo sento, e ne hò la prova nella mia buona Stella. L’averlo poi per amico è una sorte di più per me, che aprezzo soura ogni altra cosa, e mi rende superbo nel potermi dire imutabilmente
Il vero suo am[i]co, e ser[vito]re
Conte Sommariva