No. 9512 of 10319
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C. Laonde Antagelig 1844 [+]

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Pro memoria

Allorché nell’Agosto 1838 l’insigne Artista Commendatore Alberto Towaldsen partiva da Roma per riveder la sua patria, abbisognò di persona cui lasciare in custodia la propria casa, cui dare la direzione delli suoi studii e cui fidare infine l’intiero andamento dei propri affari artistici, ed economici. Perciò conveniva scegliere una persona, che oltre all’essere onesta, godesse riputazione ancora d’artista capace a supplire per grand’uomo che lo eleggeva in sua vece.

Pietro Galli venne deputato pel duplice incarico, perché il Towaldsen lo conosceva rivestito di tutte queste quanto delicate, quanto indispensabili qualità. L’incombenze che al Galli si attribuivano, eran certamente onorevoli, perché è un grand’onore supplire per un Artista di riputazione e fama gigante in cose della di lui professione, ma eran pur anco di pena, e di non lieve fatica, sia per l’immensa responsabilità nelle cose dell’Arte, sia per la direzione, o sorveglianza negli affari domestici, e degli studii. Né questi che si addossava un tal peso dovea smentire menomamente la si teneva di lui, né sminuire affatto la vasta fiducia che Egli aveva accordato il Towaldsen. A tutt’uomo si dette dunque all’esaurimento della gelosa gestione.

Da qui fu, che per riuscire esatto nel disimpegno delle ricevute incombenze, ed aver tutto e continuamente sott’occhio, cominciò con l’abbandonare la propria casa con trasferirsi coll’intiera famiglia in quella del Towaldsen scapitando nella pigione che dové pagare per l’abitazione primitiva, in cui non aveva ancora compito l’affitto.

La conoscenza che il Galli aveva della rettitudine del Commendatore, e la delicatezza con cui meritava di esser tratto un personaggio così distinto, non gli permisero di pattuire in quella occasione sopra il compenso che potea meritare pegli incarichi li quali si era addossato. Tutto aspettavasi dalla di lui generosità, e giustizia, che davano molto a sperare.

Per tre anni continui eseguì dunque gelosamente le commissioni a lui date; ma intanto dovendo occuparsi nella direzione dei lavori lasciati dal Towaldsen, nella custodia, e sorveglianza dei vastissimi locali destinati ad uso di studii, e nella pur anco delle cose domestiche, non ne avea tempo, né modo di occuparsi al lavoro per procurarsi li mezzi necessarj al proprio sostentamento, e della propria famiglia. Consumò per vivere quanto Egli aveva ma il Towaldsen non ritornava, ed i bisogni crescevano sempre in proporzioni che li lavori mancavano, o venivano ritardati per difetto di tempo da impiegare nell’Arte. Si giunse al punto che per supplire alle angustie urgentissime, dové alienare cinquecento piastre romane della dote della sua moglie colla speranza di ripianarle con l’indennizzo che con sicurezza al ritorno del Commendatore Torwaldsen.

Furon per altro esauriti ancor questi: per cui privo di qualunque altra risorsa, vinse il ritegno che fino allora l’avea trattenuto; scrisse al Commendatore; gli fece presente lo stato suo deplorabile; gli rappresentò la posizione infelice in cui si trovava, e ne ebbe riscontro di molto sollievo. Gli rispondeva in fatti quel Grande, col fargli coraggio nella tristezza con dargli facoltà di prendere denaro in suo nome dal Banchiere Torlonia; con autorizzarlo a lavorare per proprio conto, e con esibirsi di comprare Esso stesso al suo ritorno quelle opere che fatte da lui non avesse potuto esitare. Questo fatto è comprovato dalla lettera responsiva di cui si annette la Copia.

Quest’atto generoso del Commendatore consolò il Galli che profittando nei lunghi tre anni dell’assenza di quello, della gentile esibizione prese dal Banco Torlonia in più volte la somma che risulta dai conti già dati al sullodato Commendatore dei quali erogò la minima parte nel proprio meschinissimo sostentamento ed il resto nel pagamento delle opere con cui eseguì molti lavori.

Dopo tre anni di assenza tornò finalmente a Roma il Torwaldsen. Visitò li suoi studii, rincontrò le cose domestiche, e dopo ricevuta una piena, e scrupolosa evasione dell’Operato domestico, e della direzione Artistica degli studii, lodò l’esattezza, e la perizia con cui tutto si era eseguito, e tutto approvò con una compiacenza e soddisfazione assai lusinghiera. Si venne quindi al discarcio delle somme prese a suo nome al Banco Torlonia, se ne dimostrò l’erogazione fattane con indicibile economia nei lavori di marmo, ed Egli mantenendo la promessa fatta nella lettera che si acclude scelse quelli che più gli piacquero fra i lavori, li valutò ad un meschinissimo prezzo, e se li tenne a pareggio della somma che risulta dai mentovati conti. Né ciò basta, poiché avendo il Galli eseguito in marmo alcune copie di bassirilievi, e figure opere del Torwaldsen se li volle appropriare senza calcolare alcun prezzo. Trattandosi con un uomo che dal galli esigeva tutto il rispetto, non fece opposizione alla sua volontà mirando sempre ad un compenso proporzionato, che non poteva per nessun modo mancargli pel lungo, assiduo, e molto faticoso servigio che gli aveva prestato.

A ciò maggiormente lo confermava un altro Atto di fiducia, e di amorevolezza che contemporaneamente gli addimostrava il Torwaldsen; giacché veduta l’esattezza, e la precisione con cui s’eran condotte dalla famiglia del Galli per tanto tempo le di lui cose domestiche, l’invitò a continuare la permanenza in sua casa per proseguire nell’assistenza medesima. Accettò il Galli per obbedire al suo Professore, e Maestro. Qui cominciò per altro un’altra serie di piccole brighe, giacché l’assistenza personale da doversi prestare al Torwaldsen, e l’aumento degli interessi di lui tennero intieramente ed esclusivamente occupati per esso tutta la famiglia, ed il Galli.

In tale stato si continuò per circa otto mesi. Ma il Galli era un Artista, che si riprometteva un discreto avvenire nell’Arte; cominciava ad avere un’età competente, ed il proseguire la sua carriera artistica nella qualità di giovane, e quasi di servo presso il Torwaldsen distruggeva ogni sua più bella speranza, egli preparava un avvenire assai disgraziato. Era padre di famiglia, amava la sua convenienza, doveva provvedere al futuro. Fece palese al Commendatore questa sua posizione, e gli chiese permettergli di lasciar la sua casa, e di ritirarsi per esercitar l’Arte nella qualifica di Artista principale e di Autore. Conobbe il Commendatore la ragionevolezza della richiesta, e consentendo gli permise quanto ci voleva.

Partì dunque dalla di lui casa con tutta piena armonia, e così cessò qualunque prestazione d’officio, e dipendenza qualunque. Continuava ancora per altro nel Galli quel rispetto, e quella Venerazione che ogni scolaro deve ai propri Maestri. Siccome poi la di lui condizione migliorata di qualche poco non gli faceva sentire urgentissimi li bisogni della vita così per rispetto, e per timidezza non fece mai richiesta al Torwaldsen del compenso dovutogli per l’assistenza prestatagli da lui, e dall’intiera famiglia per circa quattro anni. I continui viaggi poi che dopo quest’epoca si fecero dal Torwaldsen, ed un certo naturale mal’umore che questi avea sempre mostrato nel discorrer di interessi di simil fatta accrebbero nel Galli il restio, e mai ne parlò. L

L’avrebbe però fatto una volta se la Morte non toglieva alle Arti, ed alla Società quel grand’uomo che vive ancor commendevole, e sempre illustre nelle insigni Opere sue. Se Egli è morto per alto non è cessata per questo la sua obbligazione, né è venuto meno il dritto del Galli. I successori di quello hanno ereditato colle di lui sostanze anche i pesi, e gli obblighi che lo gravavano in vita.

È questa la ragione per la quale il Galli si rivolge alli Ecc.mi Rappresentanti della eredità del Torwaldsen. Ha raccontato minutamente, e con religiosa esattezza quanto è avvenuto onde nella loro giustizia calcolando l’operato di Lui gli stabiliscano quella rimunerazione, che proporzionata alle fatiche prestate, agguagli il nome grande, ed il cuore generoso dell’illustre defunto.

Se terranno in mente che il Galli ha prestato l’opera sua per circa quattro anni.

Che l’ha prestata come Artista, e come Amministratore Economico nelle di lui cose[.]

Che l’ha prestata coll’intiera di lui famiglia.

Che l’ha prestata con discapito immenso de’ proprj interessi.

Che l’ha prestata infine con danno dell’Arte propria nella quale non si è potuto produrre che tardi assai[.] È certo che saranno per riconoscere non solo in genere il di lui buon diritto, ma che vorranno retribuirlo con quella giustizia, e generosità che distinguevano il Commendatore Torwaldsen, e che forma l’elogio della nazione cui apparteneva[.]

Laonde C.

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Thorvaldsens Museums Oprettelse, 229
Last updated 10.05.2011 Print