3.9.1826

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Redaktørerne ved Gazzetta di Milano, Francesco Pezzi

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APPENDICE CRITICO-LETTERARIA.
Glissons , n’appuyons pas.

VARIETÀ’.
ESPOSIZIONE IN BRERA.

Monumento in onore d’ Appiani — Basso rilievo di Torwaldsen.

Il cultore dell’ arti belle ne ama con vera passione gli studii. Questo vautaggio è negato sovente ad altri ufiicj, a cui il solo vincolo del dovere assoggetta. Tutte le condizioni sono onorevoli, ove la dilicatezza non manchi; ma tutte non hanno quell’ attraente che trovasi professando la statuaria e la pittura. Ci ha un nobile scopo, verso cui codeste incantatrici traggono direttamente i begli ingegni, che volti altrove, in vano spererebbero un’ esito pari, per quanto adoperassero sino al termine dei breve viaggio conceduto all’ uomo dalla natura. La nostra vita bibuli dividesi in due parti; quella del corpo e quella della mente. L’istinto conservatore vigila su quella; il pensiero si ferma più particolarmente in questa. Se si facesse un calcolo esatto delle cure prestate a prolungare la fìsica esistenza, e di quelle che ci vengono imposte dal bisogno di vivete óltre la tomba, avrebbesi per risultato che adoperiamo ben meno quaggiù per la vita presente che per la futura. I monumenti , i lascili, gli atti del culto, i libri, le cronache, le inscrizioni, quasi tutta la letteratura dei popoli e iu ispecialità la loro filosofia, appartengono a quest’ ultima; ma essa esige con bea maggior diritto dipinti e statue. Ministri dell’ immortalità, gli artisti secondano l’alto principio che presiede alle umane sorti. Eglino partecipano collo storico a questo importante sacerdozio; fors’ anco adempiono meglio di lui al loro ufficio, o almeno in modo più luminoso per g’i effetti. Ciò clie han di comune è il privilegio di non dare celebrità senza procacciarne a sè stessi.

E naturale che sì splendido incarico inualzi la mente. Noi concediamo, anzi vogliamo entusiasmo da chi n’ è investito, perchè se non è spinto da questo movente, nulla di grande non uscirà dalla sua mano, nulla che possa togliere il suo nome all’ obblio. È imposto agli artisti quel nobile impulso verso la verità che rintracciano, e verso il tipo del bello. Prima dall’ animo lor, poscia dalla tavolozza e dallo scalpello questi nobili eccitamenti penetrano nell’animo di chi ferina uno sguardo d’ammirazione nelle opere loro.

Studio e sentimento — ecco I’ artista — vi si troverà la perfezione quando l’uno e l’altro sieno diretti dal gusto.

Questi pensieri ci tornavano in mente, allorquando in occasione che si apersero, come suolsi ogni anno, alla vista del pubblico le sale di Brera, volgevamo i primi passi verso quel monumento, che pochi giorni prima quivi allogato, dovea onorare ad un tempo un grande artista defonto e un grande artista vivente. Il cuor nostro preparavasi a schiudersi a due sentimenti ad un tempo; quello di soddisfazione per un giusto omaggio renduto; e quello d’ ammirazione per chi ne era stato ministro. L’uno si manifestò senza riserva, l’altro fu in parte represso. Noi non ricercheremo che nella coscienza della buona fede la cagione di tale disparità ; perchè se dovessimo interrogarne l’opinion pubblica, questa reina del mondo ci schiaccerebbe sotto l’immenso suo peso. Infatti poich’ ella pretende dividere la corona di Fidia tra Canova e Torwaldsen, con qual titolo mai si dovrebbe indicare l’audacia di chi mettesse in contingenza questo giudizio? Ma noi non siamo nè da tanto , nè sì temerarj per farlo; beusì senza avvolgere in un comune destino il basso-rilievo che abbianu sott’ occhio, e tant’ altri capi d’opera della stessa mano, che non abbiam mai veduti, crediamo lecito il mettere in campo alcuni dubbj; giacchè solamente con questa umiltà intendiamo procedere verso un artista d’altissimo grido.

Appiani scese nel sepolcro dopo d’aver illustrato il suo secolo nell’arte pittorica, che, principalmente nei lavori a buon fresco, gli meritò il titolo d’emulo degli antichi, di principe de’ moderni. Una lapide al Cimilerio, modesto omaggio della dolente famiglia, ricca solo della gloria da lui tramandatale, e un busto in Brera, tributo dell’amicizia: ecco le sole memorie che additassero sinora gii onori renduti in patria al Rafaello de’ nostri giorni. Lo straniero che avea veduto sulle ancor tiepide ceneri di Bossi sorgere un monumento , con cui lo scalpel di Canova imprimeva al porne dell’ amico il sigillo dell’immortalità, chiedea, tornando fra noi, dove fosse il monumento d’Appiani. Gli ammiratori d’un tanto artista non erano però rimasti inoperosi; che già da lungo tempo fidato aveano l’uffizio di sì nobile illustrazione allo statuario, cui la voce universale proclama il secondo del secolo. Ma pare che gli studii di Torwaldsen divisi in tante opere che la pubblica opinione gli commette, non gli abbiano permesso di dar mano al monumento d’Appiani con quella sollecitudine ch’era il sospiro di tutti; a talchè solo dopo un lungo periodo di tempo, poterono le pareti del Palazzo delle arti e delle scienze fregiarsi di questa pompa novella.

Poichè le Grazie sono tra i distintivi dei dipinti d’Appiani, era naturale che questo Ternario figurasse nel monumento in onore di lui, soprattutto scelta essendosi l’idea del basso-rilievo in confronto di quella d’una statua, che pure avrebbe più grandiosamente corrisposto all’ oggetto.

Le Grazie adunque furono da Torwaldsen condotte nel suo lavoro. Ma quasi temesse che accompagnandole ne fosser gelose, egli le aggruppò tutte sole; giacché non è da tenersi da conto un putto, o piccolo genio, che sorreggendo una cetra, trovasi quivi, non si sa con quale intenzione. La prima idea che suscita nella mente la vista di questa composizione è adunque di trovarla mancante di qualche cosa che alluda alle grazie propriamente dette delia pittura; al che si sarebbe supplito col figurare il genio di quest’arte in modo deciso. Nè varrebbe a parer nostro il dire che l’effigie et Appiani a forma di medaglione che sta nella parte ornamentale, e l’inscrizione che leggesi alla base, suppliscane al difetto; giacché questi due incidenti essendo divisi affatto dalla composizione, la rendono talmente isolata, che se si togliesse dalla cornice, non resterebbe più che un lavoro senza applicazione. L’ effigie e l’inscrizione formano nel monumento d’Appiani l’uffizio che farebbe il nome dell’originale sotto un ritratto, che altrimenti non si potesse riconoscere.

Per riguardo al pregio del basso-rilievo noi non faremo il torto al grande artista di supporre ch’ei creda d’averne condotto tutte le parti a quel punto di finezza che dovevamo aspettarci dal suo scalpello; e dee dirsi che il tempo siagli mancato a dar l’ultima mano, per non tardar più oltre a rispondere all’impazienza dei committenti. Infatti guardando i piedi delle tre figure, par che vi manchi ancora alcun che di morbido; mancanza pure osservata nelle braccia della figura che sta nel mezzo. L’atteggiamento del capo di quella a sinistra è mirabile, e questa veramente non può altrimenti dirsi che grazia. Del resto quantunque la parte scientifica nella condotta dei corpi sia inattaccabile dal lato della critica, pure ci sembra osservare che manchino d’una certa rotondità nelle fui me, e di quel dilicato che rimove l’idea del far secco o gretto, come suol dirsi, il putto sta per ogni conto molto indietro del gruppo. — Ciò detto, non è al certo da tacere con quale accorgimento l’artista nella rappresentanza di queste figliuole di Giove, ne abbia vestito la nudità di tutta la verecondia. Egli, imbevuto dei principi della greca scuola, sapea bene che non le forme, ma l’espressione rende una figura immodesta. Dicesi che Socrate 1)I, dopo di avere scolpito le Grazie velate , le ponesse di propria mano all’ingresso della cittadella d’Atene. Egli coprendo la loro nudità ebbe al certo in mira di metter decenza fin nei piaceri. Ma Torwaldsen non ebbe d’uopo di questo mezzo: egli dà il carattere del pudore alla nudità rendendola amabile senza obbligare il saggio a chinare gli occhi. Venere potea esser velata: cosi gli abitanti di Coo la chiesero a Prassitele, e tale esser dovea come simbolo di voluttà. Ma le Grazie destinate ad offrirci quello dell’ innocenza, meglio si presentano allo sguardo in tutta l’ingenuità delle loro attrattive , e così mostransi quelle di Torwaldsen. — La parte ornamentale del monumento è trattata con fino magistero dal Franceschetti, bresciano, allievo di questa accademia. Il medaglione ricorda il volto d’Appiani, senza somigliarlo gran fatto. — L’inscrizione si risente della prestezza con cui fu dettata; non sapremmo attribuire ad altro motivo la mancanza di gusto che vi domina, e direm pure il senso anfibologico che la oscura 2)II.

Fatti questi ceuni, Celandoci sotto il manto d’una stentata modestia, potremmo, come fan molti, chieder perdouo dell’audacia d’aver parlalo con qualche libertà intorno l’opera d’un’ artista che gode di fama europea; ma sovvenendoci che i più grandi pittori del secol d’oro dell’ arte, esponevano sulle pubbliche vie le loro composizioni, facendosi carico più delle critiche del popolo, sempre sincere e molle volte giuste, che delle lodi di chi non è popolo, molte volle mendaci, crediamo che il Torwaldsen e gli ammiratori suoi, nel qual numero noi pur siamo, non troveranno sconvenevole che frammiste alle lodi, siasi da noi usata alcuna parola di critica.

(*) (Domanderemo di chi è l’immagine?)

Generel kommentar

Dette er en trykt tekst, som blev udgivet i den italienske avis Gazetta di Milano.

Arkivplacering

M17,9 (Thorvaldsens Museums Småtryk-Samling 1826)

Personer

Kommentarer

  1. [Forfatterens note i teksten] (1)Plinio, parlando di questo gruppo, non sa a qual Socrate debbasi attribuire; altri storici dicono che Socrate il filosofo lo laocrasse a 18 anni, prima di. destinarsi agli sludj della filosofa.

  2. [Forfatterens note i teksten] (2) Essa suona in queste parole:
    Ad Andrea Appiani
    l’immagine (*) e le Grazie opera di Thorwaldsen col volo patrio amici ed estimatori di tanto pittore Consecrarono
    1826.

Sidst opdateret 22.01.2018