No. 9699 of 10318
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Accademia di San Luca [+]

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Rom

26.4.1844 [+]

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Accademia di San Luca [+]

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Rom

Abstract

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Sig.ri Professori Accademici di S. Luca intervenuti alla Congregazione Generale dei 26 di Aprile 1844.

C. Giu. Silvagni
Cav. Fabris
P. Lemagne
C. Rimhart
A. Sarti
F. Bonaglia
F. Coghetti
G.D. Navone
A. Tavolini
L. Comina
N. Carta
Luigi Rospini
A. Capatti
Rinaldi
Gius.e Cerbara
An.x Solà
P. Cornelino

Cav. Giu. Silvagni
Presidente

S. Betti Segretario

di scolpire grossamente in legno le figure che usano porsi alla prora delle navi. Divenuto orfano de’ suoi genitori fin da giovanetto si pose Alberto allo studio dell’Accademia di Copenaghen, ove nel 1794 ottenne il Gran Premio del Bassorilievo con un’annua pensione di 2400 franchi per quattro anni. Egli partì allora per l’Italia, sbarcò a Livorno, ed a pié si condusse a Roma, dove i miracoli soprattutto del Nuovo Vaticano il levarono subito a tanta ammirazione e maraviglia, ch’indi a null’altro volle più attendere che a divenire scultore. La prima opera sua fu la statua di Giunone, arrogatagli dall’Olandese Cavaliere Hope. Così nel Thorvaldsen incominciò fra noi quella fama, che fiorentissima durerà finché resti nel mondo un’ultima memoria delle arti del bello.

Per la qual cosa l’Accademia nostra, o Signori, non solo non tardò ad accoglierlo nel suo seno come Professor residente il dì 6 di Marzo 1808, proponendolo con alte lodi il Camura: ma instituite nel Maggio del 1812 le scuole accademiche, lo elesse cattedratico, di scultura, frattanto xxx nuovi statuti nel 1818 il Consiglio lo volle Consigliere della sua classe, ed indi nel 1827 innalzollo alla dignità di Presidente.

Quale in questi uffici, il nostro venerando collega si dimostrasse, voi bene il sapete: voi che per tanti anni godeste di recarli quasi ad esempio di zelo, di rettitudine, di lealtà; voi che nel 1836 pe’ sommi suoi meriti gli faceste straordinariamente coniare una medaglia d’oro.

Oltre a ciò apparteneva il Thorvaldsen a tutte le principali Accademie d’Europa, ed era fregiato di più ordini cavallereschi, principalmente della gran croce di Danneborg, di cui decorollo con unico esempio il suo re Federico VI. dopo averlo dichiarato nobile ed ammesso anche fra suoi consiglieri di Stato e di conferenze.

Onoratissimo in vita, in xxx meno in morte, anzi non è a memoria istorica che i funerali di alcun artefice siano stati mai presso niuna nazione accompagnati mai da tanta pubblica riverenza, da tante dimostrazione dell’alto dolore de’ propri concittadini, impercioché il cadavero suo, con accuratissima industria imbalsamato dai medici del re, dopo essere stato esposto per tre giorni nella grand’aula dell’Accademia delle belle Arti, fu poi il dì 30 rinchiuso in tre casse, l’una di piombo, l’altra di piombo, la terza di riprego; e tolto quel caro peso sugli onori dei professori e degli alunni dell’Accademia medesima venne collocato sul magnifico carro tirato ad otto cavalli, su cui gli stessi re danesi sogliono condursi al sepolcro. Seguito quindi dal principe reale e dai membri della casa regnante, non che da tutti i grandi dignitari della chiesa e del regno, da tutti i magistrati delle città, da tutti i professori dell’università e della accademia, fra il continuo fragore delle artiglierie, in mezzo alle strada elegantemente messe a verdura e fiangheggiate da due grandi file di soldati di quel presidio, fu condotto al condotto al maggior tempio. Bello il vedere da ogni finestra scendere sul nobile feretro un nembo d’erbe odorose e di fiori! Bello il vedere la città intera, come in giorno di comune sciagura, anco chiuso ogni officina, ogni xxx! Bello in fine il vedere quanti la regia copenaghese ha cittadini dimostra tutti col velo o al braccio o al cappello la sincera loro mestizia per tanta perdita!

Intanto all’ingresso del tempio la stessa Maestà del re Cristiano VIII presentavasi a ricevere le illustri spoglie: le quali dall’augusto monarca accompagnate fino al catafalco, che splendidissima, ergerati, ebbero ivi gran pompa di esequie, con canti e musiche: a tal fine composta e coll’orazione funebre che recitò il dottissimo vescovo di Selandia.

Glorioso l’artista che ha potuto meritar tanto! Ma glorioso non meno il re, che coll’onorare, o Signori, un sì grande suo suddito, e vostro collega, ha voluto ad un tempo mostrare al mondo l’ossequio che debbono i reggitori delle nazioni a chi, coll’eccellenza delle arti, del bello, intende potentemente ad accrescere e mantenere il maggior bene dell’uman genere, la civiltà!

Archival Reference
m30 II, nr. 84d
Last updated 10.05.2011 Print