29.4.1823

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L. Ruelle

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Rom

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Bertel Thorvaldsen

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Rom

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Dateringsbegrundelse

Dateringen fremgår af brevet.

Resumé

Kommentarerne til dette brev er under udarbejdelse.

Dokument

Canzone libera con Cori
Letta in Roma ad un Pranzo di Valenti Artisti
Pel prodigioso Salvamento
Del Sig.r Cav.e Alberto Thorwaldsen
Da un colpo di pistola casualmente esploso contro di Lui
da un fanciullo


Dell’opra più ammirabile

Che del Saturnio Iddio
Fuor della mano creatrice uscìo;
Dell’Uom, cui splende in volto
Molta parte del Nume in lui raccolto
Volle scolpir Prometeo
Le sublimi sembianze e far simile
Al Nume un masso di materia vile.

Del Fabro industre sorgono

Sotto l’esperta mano
Già, già le forme dello scheltro umano:
Son l’ossa ad ossa unite,
E nervi e vene in lui vedi scolpite:
In ogni parte i muscoli
Già sorgon tondeggianti e sopra quelli
Si stendon morbidissime le pelli.

Ma che! Né i piedi muovere

Né batter occhio e piede,
Né la lingua snodare alle parole:
Il cor non batte, e quale
Uom che l’ultimo die’ spiro vitale
Giacesi inerte e gelido;
Onde il prode Scultor per dargli vita
Alla region solar fece salita.

E là furò l’eterea

Fiamma che fe’ spirante
Quel che statua fu poche ore innante;
Ma Giove che vuol solo
Crear gli abitator del basso polo,
Mal soffrì di Prometeo
L’ardire, e a punizion di tanto orgoglio
Al nudo lo legò fatale scoglio.

E qui l’Aquila vindice,

A sempiterno esempio,
Del rinascente cor fa crudo scempio;
E tal die’ legge il Nume,
Che chiunque animar sassi presume,
Debba del Cielo il fulmine
Paventare ad ognor che lo conquida;
Che Egli nell’opere sue non soffre sfida.

La cruda legge stavasi,

Né alcuno l’infrangea,
Che il minacciato fulmine temea;
Quando un divin talento
Pien di genio sublime e d’ardimento
Vedesi a un tratto sorgere,
Che dal Norte venuto al Tebro in riva,
Prometeo novello i sassi avviva.

Egli però la vivida

Fiamma dal sol non toglie;
Quella gli basta che in se stesso accoglie.
E già la fama a volo
Ratta sen gìa dall’uno all’altro polo,
Quando stanca di correre
La bassa terra, spiegò in alto i vanni,
E dell’Olimpo giunse a’ sommi scanni.

Il Nume ricordevole

Della fatta minaccia
Avvampò d’ira e di furore in faccia;
Quindi a fanciul commette
Di far sullo Scultor le sue vendette;
E stretto in canna ferrea
(Ordigno micidial!) gli dette il telo,
Che lui spogliasse del corporeo velo.

Si decretò il Saturnio;

E già il fanciullo armato
Corre al Saggio a recar l’ultimo fato.
Lo videro le belle
E n’ebbero pietà l’Arti Sorelle,
E supplicanti ed umili,
Per revocar l’editto del Tonante,
Così pregaro al divin Trono innante.

Grazia, o Nume, sì grazia imploriamo

Per Torwaldsen, che dotto e sagace,
Nostro figlio, compagno e seguace,
In Italia riviver ci fa.

“Viva, viva il gran Genio Danese,

“Viva viva il sublime scultore;
“Nò del secolo il genio migliore,
“Sommo Nume, non deve perir.”

Supplicanti con l’Arti s’unirono

Le tre Grazie (1.), che spirto novello
Di Torwaldsen dal dotto scalpello
Ricevero, e congiunte sclamar.

Viva, viva e[cc.]

L’aurora là corre, e la notte; (2.)

E additandogli i pargoli suoi,
Egli vita ridie’ a tutti noi,
A lui vita noi render dobbiam.

Viva, viva e[cc.]

Lasciò il ferro Mercurio (3.) e l’avena

Lasciò d’Io il sopito custode,
E in difesa del Dotto, del Prode
Amor esso al Tonante volò.

Marte, (4.) Venere e un nembo d’amori (5.)

Ratti accorser, dicendo, novella
Esistenza ei ne dette, e più bella,
E perir l’infelice dovra! –

Viva, viva e[cc.]

Sol Minerva a pregar non si muove

Ma veloce giù in terra discende,
E coll’Egida saeva difende
Il suo figlio dal telo crudel.

E fortuna egli è ben che sia giunta,

Perché già dall’ordigno fatale
Dipartivasi il colpo mortale,
Ratto il core del Saggio a ferir.

Ma qui l’Egida trova, ed a terra

Rintuzzato lo strale ricade,
E ripetere in quelle contrade
Da Minerva medesma s’udì.

Viva, viva, e[cc.].

E voi tutti che fate corona

Di Torwaldsen all’alto talento,
Ammirate il celeste portento,
E sclamate giulivi con me.

Viva, viva il gran Genio del Norte,

Viva, viva il Sublime Scultore
Dell’Italia e d’Europa splendore,
Viva lieto di Nestore i dì.

Roma a’ 29 Aprile 1823


Un’ammiratore dell’insigne Artista

LRuelle


Note

(1.) = S’allude al sublime gruppo delle tre Grazie, maestrevolmente scolpito dal Cav.e Torwaldsen..

(2.) = L’Aurora e la Note, due medaglioni ammirabili replicatamente scolpiti a basso rilievo dal med.o Scultore.

(3.) = Mercurio che con una mano tiene alla bocca l’avena, col cui fumo ha sopito i sensi d’Argo, e coll’altra trae da fodero la scimitarra per uccider quel custode della figlia d’Inaco, è stato scolpito con la idea la più poetica, e cola più alta maestrìa dal nostro Cavaliere.

(4.) = Marte che osserva lo strale d’Amore, mentre questo si fa bello delle armi del Dio guerriero, è un’altra statua sublime replicatamente eseguita dal Sig.e Torwaldsen.

(5.) = Sono mirabili varj bassi rilievi del Cav.e, in cui ha rappresentato varj Amorini intenti a temprare gli strali, che loro fabbrica Vulcano.

Generel kommentar

Som det fremgår, blev dette digt afsunget ved festen 29.4.1823, der fejrede, at Thorvaldsen var kommet sig over det pistolskud, han var blevet ramt af ved vådeskudsulykken 28.3.1823.

Arkivplacering

m32, nr. 28

Emneord

Sidst opdateret 04.01.2018