15.10.1827

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Angelo Carnevalini

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Bertel Thorvaldsen

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Rom

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Sigr Cavaliere Gmo


Jeri nel giornale di Roma in data li 4. corrente lessi il progetto ideato dal Cav: Pietro Visconti di erigere un monumento al Tasso a spontanee oblazioni degl’Italiani e il disegno che n’esibisce lo Scultore Fabris e la Commissione destinata alla esecuzione di quello se il progetto dalle oblazioni sarà secondato. Non le so dire che gran dispiacere mi prese quando ciò lessi non già del progetto che ho per cosa lodevole, perciòcchè Italiano ancor io ho sentito sempre con dolore e con vergogna, che l’Epico Italiano e il più gentile fra i Poeti non abbia un monumento che ne cuopra le ceneri, e omai Romano debbo godere che Roma ne concepisca’alfine il pensiero, riparando il fallo della’età passata, e consolando la memoria di quell’infelicissimo, che venne in Roma per aver premio al suo merito e riposo alle sue sventure. Cagion di tristezza mi fu il ricordare che altri assai prima del Visconti concepi la idea de’tal monumento, e che secondo quella il nome del Tasso verrebbe onorato assai più degnamente. Ho ricordato il Sonetto del Baron Majo diretto a Lei nel Settembre del 25. che dando biasimo a Canova perchè visse è obliò Torquato, invitava Lei a riparare il torto della patria ingrata; ho ricordato il proposito suo generoso di rispondere al Majo non con altro modo che coll’opera; e l’andar che facemmo insieme il 30 dello stesso mese, come a devoto pellegrinaggio, sul Gianicolo alla Chiesa di S. Onofrio per vedere il sito della povera sepoltura, ed osservarne la capacità: tanto pareva certo e presto che Tasso avrebbe avuto da Thorwaldsen il monumento. Da questa ricordanza mi è nata la idea di scriverle subito per ridestarle nell’animo il pio desiderio, e per farle avvertire che questo è il tempo di recarlo ad effetto, o almeno di renderlo noto. E già fin dagli ultimi del passato mese (compieva appunto in quelli giorni il secondo anno della nostra andata in S. Onofrio) leggendo nella vita del Canova le molte lodi che gli si fanno per le opere sue donate agli amici a Roma a Venezia a Possango, io preso dal desiderio di novella cagione di emulazione e di gloria pel mio Thorwalds[e]n sopra quel famoso, aveva pensato scriverle di ciò che Le scrivo.

Ne creda Sigr. Cavaliere, che omai dopo il progetto del Visconti, e del Fabris sia inutile il riecarsi a quella idea. Se fosse inutile io mi tacerei portandomene in segreto il rammarico, ne a Lei o ad altri ne farei motto, perchè il farlo inutilmente sarebbe solo a rimprovero; ed io certo non m’ardirei a tanto. Ma così è che il generoso pensiero viene ancora opportuno; può ancora dirsi che Thorwaldsen e quegli che farà il monumento del Tasso. Forse potrebb’essere inutile se si aspettasse più tardi, adesso è ancora per tempo. Imperciocchè il progetto publicato finora non solo non è seguito dal fatto, ma non si sa nemmeno se lo sarà mai. Il Visconti o gli altri fondano ogni speranza nelle oblazioni degl’Italiani. Ma queste oblazioni si avranno ? v’avrà tanti che possano e vogliano contribuire quanto è bisogno alla impresa di molto dispendio ? E quando anche vi fosser per essere non vi sono al presente, che la cosa non è divulgata ancora per tutta Italia. Niente aggiugne la commissione eletta al buon governo della esecuzione, perchè niente vi sarà da governare, o da eseguire, se prima per le imaginate oblazioni il danaro non si raccoglie. Lo stesso vuò dire del disegno proposto dal Fabris. Io non conosco ancora qual sia; ma comunque sia, fin qui altro non può vedervi che di qual modo si vuorrebbe da chi lo progetta il monumento se ve ne fosse il prezzo e bastasse. Quantunque conoscendo bene quanto valga l’autore io son persuaso che altro non vi si vedrà eccetto la destrezza di un artista d’oscuro nome, che si caccia avanti per costume onde uccellare una occasione di lavoro e di guadagno, pretendendo generosità ed amor Patrio. Ma se si mostra Thorwaldsen, e dice di voler egli fare un monumento a Torquato, e farlo senz’ajuto di oblazioni altrui e questo aver pensato assai tempo innanze, chi sarà che voglia impedirvelo ? Chi degl’Italiani, e di quelli che amano la gloria del Tasso e dell’arte non applaudirà alla grata novella, non cederà volentieri al sol Thorwaldsen l’onore della nobile impresa, non aspetterà anziosamente, che l’opera di lui venga in vece di quella del Fabris ? Io tengo per certo che l’udirlo sarà accetto non che ad altri allo stesso Emo Segretario di Stato che (come il medesimo Giornale annunzia) per muovere gli altri all’esempio primo di tutti ha conferito una larga oblazione e degna veramente di se; perciocchè caldo qual egli è dell’onore delle italiane lettere e de belli ornamenti della sua Roma dee godere e volere che il monumento del primo Epico Italiano sia fatto dal primo scalpello del nostro tempo.

Si, Cavaliere, per Lei solo la memoria del Tasso sarà onorata come si conviene, Italia ne sarà più lieta, e crescerà la fama dello Scultore Danese. Omai questa non può salire più alto per preggio di opere perchè tutti sanno ch’Ella ha voluto sopra gli altri come Aquila, ed hanno come per cosa naturale che ogni statua ch’esce delle sue mani sia modello di perfezione agli Artisti. Cresca dunque il suo nome per la qualità del soggetto, e per la magnanimità del fine ch’è fama, forse più bella. Felice Lei, cui dalla fortuna compagna al suo merito è dato poter usar l’arte non a soggetti vani, e servili ma alla virtù e alla gloria per propria elezione. Ella può quel che tanti artisti e il gran Michelangelo fra questi mai non potettero. Il quale sovente fu udito lamentare che gli conveniva sempre sottomettere lo scalpello ad argomenti ordinati, non mai volgerlo ai liberi ed alti pensieri concetti della sua mente. Offerse l’ingegno e la mano ad un monumento per l’Allighieri; ma il desiderio e l’offerta andò inutile, perchè inutile andò la supplica dell’Accademia Medicèa a Leon X; onde avesse Firenza le ossa del Divino Poeta Ben vuolle e operò qualche cosa per la gloria d’Italia il Canova, e la gratitudine per quelle opere ne petti degl’Italiani ancor dura. Ma l’operare e il donare alla memoria del Tasso un monumento è tal gloria alla quale niun altra in Italia può andar del pari, e da lasciar dietro se nella voce de’viventi e de’posteri, il Colosso della Religione offerto al Vaticano e la Deposizione modellata per Possango, i Busti, dagl’Illustri Italiani collocati nel Panteon, e ogni altra munificenza che dal Canova o da altri sia stata ideata. Quanto mi piacerebbe il sentir dire “Thorwaldsen ha fatto questo monumento, L’autore del Giasone del Pastore del Mercurio della notte del trionfo di Alessandro lo è pure del monumento di Tasso.” Roma in somma Sigr. Cavaliere, come la Danimarca dee avere un segno del suo amor patrio; perchè come quella è a Lei patria di nascita, questa lo è di elezione e di fama. Costì ella si è fatto quel grand’uomo ch’è di costì il suo nome si è sparso pel Mondo. E Roma e l’Italia glie ne renderanno un compenso dolcissimo di amore, che agli animi gentili è più caro che altra cosa. A questa lettera, Sigr. Cavaliere, non è mestieri risposta, tanto perchè non ne desidera altra che quella del fatto, quanto perchè fra poco spero di rivederla in Roma. M’abbia sicco me m’ascrivo ad onore di essere

Da Fermo li 15 Ottb[r]e 1827.


Suo Affmo Servo ed Amico
Angelo Carnevalini.

Arkivplacering

m12 1827, nr. 130

Sidst opdateret 10.05.2011