Sigr. Cavaliere Stimatiso.
Avvicinandosi le feste natalizie, giorni in cui si arbitra ognuno con maggior franchezza a chiedere qualche grazia, o ai parenti, od ai Precettori; e trovandomi io nel pressante caso di doverne supplicare uno, non indifferente, dalla bontà del suo bel cuore la cui magnanimità è stata da me le tante volte sperimentata pei benefici immensi, onde mi ha mai sempre colmato, da che ebbi il bene di conoscerlo, e l’onore di diventare suo scolare; pieno di speranza e di fiducia più non indugio di metterlo a parte di ciò che sono per domandare.
Ai 15 dello spirato mese, ha già quattro anni, che io sono lungi dalla casa Paterna, la quale non abbandonai se non che per attendere più assiduamente e con maggior profitto agli studi, di qual che far potessi dimorando in essa. Essendo ora giunto all’ età di maggioranza, e non potendo sperare più nulla da mio Padre, sono costretto a cercare ciò che è indispensabile ad ogni uomo, cioè i mezzi dello propria sussistenza, nè so rivolgermi che alla patria stessa. Avendo udito che fra poco tempo spirerà il termine prescritto dall’Inghilterra per la pensione da godersi tre anni per tre anni da un giovane artista nelle classi di Pittura, Scultura ed Architettura, a fin d’iniziarsi negli studi, che richieggono queste tre sublimi sorelle; e non ignorando che il turno del nuovo Pensionato cada su d’un giovane, studente di Scultura, bramerei di ottenere io una tal pensione.
Un felice esito ne potrei sperare qualora avessi a sostegno un sodisfacente certificato scritto dalle sue mani ove significasse per “estensum” il modo in cui io ebbi la sorte di entrare nel di lei Studio, senza altra raccomandazione che quella della mia (spero) perdonabile audicia e quella del suo magnanimo cuore; la mia condotta tenuta dal tempo in cui vi entrai sino al presente; i miei sebbene deboli progressi, mentuando l’aver io ottenuto, se non una medaglia, almeno l’onore dessere stato primo nella mia classe nel concorso scolastico dell’anno 1828; la sua opinione riguardo ai miei talenti, non che all’esito della copia del Gladiatore moribondo; ed in fine la riuscita del busto di sua Emza il Sigr Cardinale Weld allorche sarà terminato, sebbene sia fatto sotto la sua direzione il che mi fara non poco onore; giacchè farà [c]redere ch’Ella mi stima degno della sua inestimabile assistenza nell’arte; requisito non piccolo per un giovane artista.
Siccome Sua Emza il Cardinale Weld avrà forse tanta bontà d’impegnarsi ed adoperare la sua influenza pel felice esito del sudetto tentativo, sono anche a pregar Lei, (se mi crede meritevole) Sigr. Cavaliere, affinchè gli voglia parlare caldamente a mio vantaggio; poi che troverei, certamente, Sua Emza più disposto a soccorrermi in si fatta circostanza, allorquando sentisse che lei mi è parziale.
Intanto le prometto, Sigr. Cavaliere che dal canto mio non trascurerò veruna occasione per far si ch’Ella non debba pentirsi giammai d’essersi adoperato per la mia futura prosperità, ma anzi farò di tutto per dimostrargli la mia gratitudine.
Presi la libertà d’incomodarla con questa lunghissima lettera per un motivo forse commendevole, ed è che la la carta non si fa rossa; il qual rossore se le fosse stato presente non poteva a meno di comparirmi su le gote, dopo averlo si spesso seccato; e di più nel momento presente, ove mi benefica coll’accordarmi tanto suo prezioso tempo e tante si belle istruizioni, delle quali cose tutte ne sarò memore fino alla morte.
Supplicando mille perdoni e persuaso d’ottenere quanto le chieggo, le anticipo i miei più vivi ringraziamenti; ed augurandole felice Natale e più felice capo d’anno, passo a segnarmi
Di lei Sigr. Cavaliere
Umo Servo ed Affmo Scolare
Enrico Hely.
Roma li 12 Dicembre 1832.